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Diari di viaggio di Antonietta e Giovanni

AZERBAIJAN

  

Abbiamo trascorso tre mesi in queste regioni a sud del Caucaso, il nostro viaggio prosegue in treno partendo da Tblisi, destinazione Baku.

Dopo circa un’ora di viaggio, siamo arrivati al confine georgiano, la polizia ci ha controllato i passaporti, timbrando la nostra uscita, siamo stati fermi più di un’ora e poi di nuovo in viaggio. Questo spostamento in treno è stato molto confortevole, abbiamo fatto amicizia con le hostess, facendoci insieme anche delle foto,
mentre sorseggiavamo un tè offertoci da loro eccoci di nuovo fermi per il controllo doganale e visto da parte delle autorità azere. La prima domanda che ci hanno posto, se eravamo già stati in Armenia (non corre buon sangue tra loro), se eravamo lì per turismo e cosa avevamo comprato in Georgia. Ci hanno controllato i bagagli, se avevamo il visto sul passaporto e poi hanno registrato la nostra entrata in territorio azero. tutta questa pratica, ripetuta per ogni passeggero è durata più di due ore ma poi finalmente siamo ripartiti. Le hostess ci hanno distribuito le lenzuola, noi abbiamo predisposto i materassi, preparato il letto e tutti a dormire.

Durante la notte il treno faceva qualche sosta, c’era chi saliva e chi scendeva, ma siamo riusciti a riposare molto bene. La mattina seguente, ci siamo svegliati circondati in un primo momento da un panorama desertico, poi proseguendo, le verdi vallate con mucche e pecore al pascolo, ma quello che colpisce di più sono la presenza delle tantissime pompe petrolifere nell' ultimo tratto del viaggio. Siamo arrivati a Baku, capitale dell’Azerbaigian in perfetto orario, in metropolitana ci siamo diretti alla guest house. All’entrata della metro ci sono poliziotti che controllano oltre ai bagagli anche i passeggeri con un metal detector, per fortuna la fila scorre velocemente. Arrivati alla fermata della metro di Içeri Seher siamo andati nella guest house, che si trova appena fuori le mure del centro storico della città, lasciati gli zaini siamo andati a mangiare un piatto di riso pilaf e fagioli. Eccoci qui alla scoperta della città vecchia di Baku, cinta da mura,

con numerosi minareti di pietra e piccole moschee, la più famosa è Siniq Qala, risalente al 1079,

i caravanserragli sono stati trasformati in ristoranti e negozi di tappeti e articoli da regalo.

Dopo questa passeggiata, siamo andati a visitare la Torre della Vergine, alta 29 m.,

risalente al XV secolo, ospita al suo interno un museo che narra l’evoluzione della storia della città di Baku. Salendo gli otto piani, si arriva alla terrazza dalla quale si ha una bellissima visione sulla città e sulla baia di Baku, da qui abbiamo scattato delle bellissime foto.

Tornati giù siamo andati a fare una passeggiata sulla Baku Boulevard,

questo tratto centrale del parco sul lungomare, pieno di caffè, giostre e fontane, è molto frequentato dalla gente del posto ed anche dai turisti, ma la cosa che spicca di più è la pulizia di questo luogo. 
Oltre alla pulizia, spicca nella piazza, il pennone di bandiera più alto del mondo, metri 162 .

Ci siamo goduti questo parco, mangiandoci un ottimo gelato, un tè ed un baklava. 
Il giorno seguente in metro ci siamo diretti verso la periferia di Baku, più precisamente siamo scesi alla fermata Nasini, la metropolitana di Baku ha 50 anni, ben funzionante, controllata, le stazioni sono molto decorate, il tutto in stile sovietico. Arrivati in periferia abbiamo iniziato a cercare la guest house da noi prenotata su booking per i giorni seguenti, ma niente, allora abbiamo chiesto a dei signori che abbiamo incontrato, loro ci hanno detto di proseguire verso la strada principale, li abbiamo ringraziati e ci siamo avviati. Appena abbiamo iniziato a camminare, uno dei signori ci ha chiamato e si è offerto di accompagnarci in macchina, visto che a piedi era un po’ lontano. Siamo partiti alla ricerca, il signore chiedeva in continuazione alla gente del posto, ognuno ci dava delle indicazioni diverse, c'era anche chi diceva che non esisteva. Egli era sempre sorridente, continuava a girare in queste stradine, una persona molto disponibile ma allo stesso tempo caparbio. Gli abbiamo chiesto scusa per il tempo che stava perdendo e lui ci ha risposto, aiutare gli altri non è una perdita di tempo! All’improvviso dopo parecchi giri, è riuscito a trovare la via, ma al numero civico non c’era la guest house da noi prenotata, egli si è scusato rimanendoci molto male, dicendo che se avesse avuto posto ci avrebbe ospitato a casa sua, noi siamo rimasti molto sorpresi della sua disponibilità e gentilezza. Ci ha riaccompagnato alla fermata della metro, volevamo sdebitarci in qualche modo, ma non ha voluto nulla, siamo tornati nella guest house dove avevamo pernottato il giorno prima, trovandoci una nuova sistemazione. Siamo andati a mangiare in un ristorantino nella parte vecchia di Baku, mentre eravamo a tavola, intenti ad assaporare un piatto di grano saraceno, riso con verdure , un ragazzo accanto al nostro tavolo, incuriosito dalla nostra presenza, ci ha chiesto la provenienza e per quale motivo eravamo a Baku, da qui è iniziato un bellissimo colloquio, un ragazzo giovane, educato, insomma a modo. Anche noi siamo stati incuriositi da una bevanda che tutti avevano sul proprio tavolo, quindi gli abbiamo chiesto cosa fosse, ci ha detto che si chiama ayran, ed è fatta a base di yogurt, sale ed acqua, ed eccola come per magia anche sul nostro tavolo, ha voluto offrircela a tutti i costi, è molto buona e dissetante.

Il ragazzo è stato molto gentile con noi, si è offerto di accompagnarci a fare un giro nel centro storico, visto che era in pausa pranzo, noi l’abbiamo ringraziato, ma non abbiamo approfittato della sua gentilezza. Dopo averlo salutato, siamo andati a visitare il Palazzo degli Shirvanshah, situato nella città vecchia, risalente al XV secolo, in questo complesso è possibile visitare il Divan Xana, il Mausoleo del Derviscio, la piccola Moschea degli Scià e il Mausoleo degli Shirvanshah. Da qui siamo andati a rilassarci nel Giardino Vahid, sempre nella città vecchia, dove è eretto un busto in memoria del poeta Vahid, che ha la particolarità di avere tra le onde dei capelli vari personaggi delle sue opere,

mentre nelle vicinanze si trova il
Museo dei Libri in Miniatura, curioso ed interessante. Lasciato il centro storico, prima in metro e poi con l’autobus, siamo andati a visitare la Penisola di Abseron, sulla costa occidentale del Mar Caspio. Lungo la strada si possono vedere piantagioni di alberi da frutto, mandorle ed olive, ma quello che primeggia sono le numerose trivelle petrolifere, nascoste dai muri molto alti.

Qui abbiamo visitato il sito di Yanar Dag, famosa per il fuoco che arde dagli anni cinquanta lungo il fianco della collina,

le fiamme sono dovute al gas naturale che fuoriesce dal sottile strato di arenaria.
Un sito molto affascinante,

dove abbiamo trascorso parecchio tempo, fotografando, filmando e godendoci per il clima fresco il calore delle fiamme. 
Rientrati a Baku, siamo andati a mangiare un lahmacun, pane sottile con carne e verdure finemente tritate,

accompagnato da un bicchiere di ayran e qualche dolcetto. 
Il giorno seguente siamo tornati sempre in autobus nella penisola di Abserom, alla scoperta della cittadina di Suraxani, il bigliettaio del primo bus ci ha fatto scendere ad una fermata cambiando bus, ha detto all’autista dove dovevamo scendere e poi ci ha salutato tornando al suo lavoro. Quando siamo arrivati nella cittadina, l'autista ci ha fatto scendere senza pretendere il pagamento del biglietto, ci siamo diretti a piedi verso Atesgah Mebedi, Tempio del Fuoco,

che fu venerato per secoli dai seguaci del culto di Zoroastro.
Il tempio attuale risale al XVIII secolo, costruito da indiani che veneravano Shiva, al suo interno c’è un museo, dove sono illustrate tutte le pratiche religiose dell’epoca, che abbiamo visitato insieme alla sorvegliante, la quale ci ha guidato verso le varie stanze, parlando pochissimo inglese ma ci siamo capiti molto bene. Morale della favola, alla fine della visita del museo, ci ha chiesto di farci delle foto insieme, poiché era affascinata che eravamo italiani e voleva mostrarle ai suoi familiari.

Il fulcro del tempio è il focolare di pietra sempre acceso, con quattro condotte laterali di pietra, anch’esse con le loro fiamme vivaci.

Da qui ci siamo spostati verso Nardaran, sempre in autobus, in compagnia di una donna alla quale abbiamo chiesto informazioni e lei si è offerta d’accompagnarci. Durante il viaggio ci ha detto, conoscendo pochissime parole d’inglese, che si chiama Mariam, che è nata nel Nagorno Karabakh, più precisamente ad Agdam e con gli occhi pieni di lacrime ci ha sottolineato che gli armeni si sono impossessati di questi territori. Arrivati a Nardaran, città che si avvicina a un centro dell’islam conservatore, abbiamo visitato la Moschea di Rehime Khanim,

costruita negli anni novanta sulla tomba della sorella del settimo imam sciita. Grazie alla presenza della nostra amica, siamo entrati all’interno di questa bellissima moschea, un fedele con tono minaccioso ci ha chiesto se eravamo armeni, la nostra amica gli ha detto di no, italiani, quindi abbiamo potuto continuare la visita,

tra i fedeli raccolti in preghiera.
Ci siamo fatti delle foto con la nostra amica e siamo tornati alla fermata del bus per rientrare a Baku, mentre eravamo in viaggio Mariam ci ha invitato nella propria casa, per non essere scortesi abbiamo accettato. Purtroppo dopo aver cambiato parecchi autobus e trascorsi circa 50 minuti in viaggio le abbiamo chiesto quanto mancasse e ci ha detto che ci volevano ancora circa 30 minuti, allora a malincuore le abbiamo detto che la ringraziavamo tanto, ma dovevamo rientrare a Baku. Lei ha capito e ci ha chiesto cosa avremmo visitato il giorno seguente, la abbiamo detto che ci saremmo recati a Suvelan, ci siamo salutati ed ognuno ha ripreso la propria strada. Il mattino successivo, ci siamo recati alla fermata della metro, all’entrata siamo stati fermati dalla polizia poiché sulla guida che io avevo in mano hanno letto Armenia, il loro nemico, ci hanno controllato i passaporti, il visto, ci hanno chiesto la motivazione della nostra presenza lì e poi hanno verificato cose fosse la guida incriminata, tutto questo chiamando superiori presenti in stazione e telefonate esterne. Dopo circa 30 minuti ci hanno lasciato andare, si sono scusati, ma noi eravamo alquanto sbalorditi, in quanto sembravamo due terroristi, in realtà eravamo due semplici turisti che possedevano una guida cartacea di Georgia, Armenia e Azerbaigian. Comunque dopo questo spiacevole episodio, abbiamo ripreso il nostro viaggio, arrivati a destinazione, più precisamente tra Merdeken e Suvelan, siamo andati a visitare il Mir Movsom Ziyaretgah,

uno dei luoghi di culto mussulmano più maestoso dell’Azerbaigian. 
Entrati nel cortile, mi sono sentita qualcuno che mi toccava il braccio e mi salutava, e chi era, la nostra amica Mariam, che bella sorpresa. Io e lei siamo entrate insieme nella moschea, Giovanni è salito al piano superiore dove pregano gli uomini.

L’esterno della moschea è decorata con piastrelle blu e celesti, entrando ci si trova in una sala con mosaici a specchio al centro della quale si trova la tomba del Santo, circondata da griglie decorate

Insieme a Mariam ed alle altre donne presenti abbiamo fatto sette volte il giro della tomba,

si dice che così facendo si esaudiscono le preghiere.
Da qui ci siamo spostate nella stanza di preghiera, Mariam si è messa a pregare in nome di Allah, ma dopo varie preghiere e foto, siamo tornate fuori, in attesa che arrivasse Giovanni, nel frattempo Mariam mi ha presentato alcune donne presenti, era molto fiera di raccontare a tutte che siamo turisti italiani. 

Parecchio tempo dopo, è arrivato Giovanni, pertanto tutti e tre ci siamo spostati in autobus direzione del Santuario Pir Hasan,

dove oltre al mausoleo, si possono visitare anche tombe di altri personaggi storici azeri,

ma la particolarità di questo luogo si trova sul retro, in un giardinetto, qui gli abitanti superstiziosi fanno la coda

per farsi spaccare le bottiglie sulla testa, usanza ormai in disuso, oggi vengono rotte su di un muretto, la bottiglia rotta viene passata sulla testa e serve a curare l’irrequietezza dello spirito. 
Poco più in là, c’è un bar, abbiamo deciso di bere un tè, anche qui la nostra amica ha raccontato ai presenti, come ci aveva conosciuto, la cosa sorprendente è stata che al momento di pagare, un signore ci ha detto che offriva lui. Sulla strada del ritorno a Baku, Mariam ci ha invitato di nuovo a casa sua, abbiamo accettato il suo invito, non si è capito chi fosse più felice. Dopo aver preso parecchi mezzi, nelle vicinanze della casa di Mariam, abbiamo incontrato una ragazza alla quale la nostra amica ha chiesto, se parlava inglese, la sua risposta è stata affermativa e che ci avrebbe raggiunto nel pomeriggio a casa di Mariam. Eravamo tutti e tre felici ed emozionati, arrivati a casa, aveva già preparato un pentolone di ovduh, una zuppa fredda fatta con il kefir e verdure, cetrioli e pane, una bontà.

Dopo pranzo è andata a prendere il nipotino che abita lì vicino, mentre noi cercavamo di farci amicizia, lei ha impastato il pane. 
Nel frattempo è arrivata la ragazza che avevamo incontrato prima, con una sua collega, si chiama Esmeralda, l’altra non me lo ricordo, sono insegnanti di lingua russa ed inglese.

Eravamo tutti molti euforici di quest’ incontro, finalmente siamo riusciti a comunicare più facilmente con Mariam, tra una chiacchiera e l’altra, la padrona di casa ci ha offerto il tè fatto con il samovar e della frutta sciroppata, naturalmente fatta in casa. 
Mentre noi parlavamo con le due maestre, Mariam ha infornato il pane ed è arrivata la nuora ad aiutarla,

ormai era quasi giunta l’ora di andare via, ma ci hanno chiesto di rimanere fino a quando fosse pronto il pane, ci sembrava scortese lasciare la casa, quindi siamo rimasti ancora.

Intanto il profumo del pane cominciava a spandersi tra le mura della casa, ed ecco qua la nostra amica che ce lo porta in tavola, bello caldo, accompagnato da formaggio e cetrioli. Nuovamente tutti a mangiare, ma nel frattempo ci siamo resi conto che purtroppo dovevamo andare via, ma Mariam ci ha chiesto di aspettare l’arrivo del marito quindi non potevamo non aspettare. Per fortuna è arrivato da lì a poco,

altre chiacchiere, altri spuntini e poi purtroppo dovevamo ormai rientrare a Baku. 

Abbiamo ringraziato, tra le lacrime, tutti i presenti per la piacevole giornata trascorsa insieme, ci hanno accompagnato alla fermata del bus e Mariam ci ha regalato parte del pane che aveva preparato. Abbiamo trascorso una giornata indimenticabile, emozioni molto forti, ora ci sentiamo con entrambe su whatsapp e loro due sono diventate amiche. La mattina seguente ci siamo spostati in bus fino a Qobustan, a 60 km da Baku, lungo la strada si possono ammirare, panorami marini, siti petroliferi,

cittadine in stile sovietico e zone desertiche. Arrivati a destinazione, abbiamo contrattato con un tassista per fare il tour dei siti più importanti da visitare qui, poiché non ci sono mezzi pubblici che ci arrivano. 
La prima tappa i Vulcani di fango, a 10 km. da Qobustan,

raggiungibile percorrendo una strada sterrata, sulla cima del Colle Dasgil. 
Questi vulcani, possono essere alti da pochi centimetri a diversi metri, eruttano un fango denso di colore grigio, il luogo è tranquillo e non c’è nessuno.

Siamo stati qui il tempo necessario per ammirare questo paesaggio particolare

e poi di nuovo in macchina fino alla
Riserva dei Petroglifi di Qobustan,

dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. 
Circa 12.000 anni fa i cacciatori dell’Età della Pietra, si stabilirono nelle grotte, che decorarono con varie incisioni rupestri; uomini primitivi,

danze rituali, animali,

battaglie, imbarcazioni. 
Un luogo molto affascinante, anche se alcune grotte sono franate e sono un cumolo di massi, arrivati alla cima della collina, si vedono in lontananza le piattaforme petrolifere nel Mar Caspio.

Tornati all'entrata siamo andati al museo, dove sono descritti vari petroglifi, mentre giravamo per le sale del museo, ci ha raggiunto il tassista proponendoci di andare a vedere l’iscrizione romana, che si trova a 2 km. da qui, alla base del Monte Boyuk Dash. Arrivati sul posto, ci siamo trovati davanti ad un recinto, al suo interno si trova una roccia con un’iscrizione risalente alla Legio XII Fulminata”, una legione romana costituita da Caio Giulio Cesare nel 58 a.C., incisione latina più ad est mai scoperta.

Alla fine di questa escursione, il tassista ci ha accompagnato alla fermata del bus per rientrare a Baku, dove abbiamo partecipato ad una festa culturale turco-azera, vari operatori di televisioni locali ci hanno intervistato per sapere le nostre impressioni relative a Baku.  La mattina seguente ci siamo diretti a Quba, spostandoci sempre in autobus, arrivati alla stazione abbiamo cercato un taxi collettivo per raggiungere Xinaliq. E’ stato alquanto difficoltoso trovare un mezzo

che ci portasse a destinazione, questo villaggio si trova sulle montagne del Grande Caucaso, quindi bisogna avere un mezzo adeguato per arrampicarsi e poi anche il tempo non era favorevole perchè c’era in corso un violento acquazzone. Dopo vari giri e trattative eccoci a bordo di un fuori strada in compagnia di un altro passeggero locale, diretti verso questo villaggio sperduto, tra le montagne, a 2.200 m., considerato il più alto d’Europa. La strada in alcuni punti è stretta e insidiosa, ma lo scenario che si percorre è meraviglioso,

cime innevate, piccole cascate, prati che iniziano a colorarsi essendo a primavera inoltrata

e piccoli villaggi arroccati sulle pendici dei monti. Per fortuna una parte della strada è asfaltata, più comoda da percorrere, pertanto il nostro autista guidava con più facilità e velocità. Arrivati ad uno di questi villaggi sperduti, il nostro compagno di viaggio è sceso e noi abbiamo proseguito, continuando ad assaporare tutto quello che ci circondava, non pioveva più e dopo due ore e mezza di viaggio eccoci a Xinaliq.

L’autista ha chiamato il proprietario della guest house, che è venuto a prenderci, visto che ci sono tanti sentieri con case qua è là, quindi un po’ difficile da trovare.

Dopo qualche scambio di parole con il giovane proprietario, che non parla affatto inglese (si aiutava con un vocabolario), qui hanno una propria lingua, il ketsh, siamo usciti a fare una passeggiata tra queste meraviglie della natura. Mentre camminavamo, gli abitanti ci guardavano incuriositi dalle finestre delle loro case, alcuni hanno mandato i propri figli a venderci calzini di lana fatti a mano.

Ci siamo arrampicati fino all’ultima strada percorribile a piedi e con il nostro altimetro abbiamo constato che eravamo veramente a 2200 m. d’altitudine,

che bello lo scenario da quassù completato da mucche e pecore che pascolano sui verdi prati.

Tornati giù, nei pressi della guest house ci siamo fermati in un negozietto, che vende un po’ di tutto, gli abbiamo chiesto se ci poteva preparare un pranzo semplice. Nel retro bottega, aveva una stanza con tavoli, ci siamo accomodati, mangiando uova, formaggio, pomodori, cetrioli e pane accompagnati da tè e nel finale caramelle.

Noi siamo gli unici stranieri presenti, abbiamo incontrato soltanto alcuni abitanti di Baku che si trovavano lì per fare una passeggiata e pranzare tra i monti. Dopo pranzo abbiamo continuato a curiosare per 
il villaggio,

ma ecco che all’improvviso il cielo è diventato scuro, si sentivano dei tuoni in lontananza, poi un temporale infinito con tanto di grandine. All’inizio ci siamo riparati sotto il balcone di una casa, ma la situazione peggiorava sempre più, quindi abbiamo deciso di tentare il rientro nella guest house. Correndo sotto la pioggia, abbiamo raggiunto un vecchia stalla dove ci siamo riparati di nuovo, si era fermato lì con noi anche un pastore e poi di nuovo di corsa verso la guest house. Siamo arrivati completamente bagnati, tutto il villaggio era senza elettricità e naturalmente senza internet, faceva molto freddo, alla fine abbiamo detto fa parte della vacanza. Ci siamo tolti i vestiti bagnati e abbiamo indossato i pigiami, nella guest house si gelava, allora Giovanni si è vestito di nuovo ed è andata a cercare il ragazzo che ci aveva accolto, che abita nella stradina di fronte alla guest house,

ma purtroppo non era a casa e i suoi familiari non capiscono l’inglese. Quando Giovanni è tornato per fortuna c’era di nuovo l’elettricità, ma abbiamo scoperto che lì non c’era nulla per riscaldarsi, non c’era acqua e tanto meno il bagno, era nel campo a 30 m., insomma una bella avventura! Dopo tanto è arrivato il ragazzo, gli abbiamo spiegato le nostre difficoltà, allora ha tirato fuori da uno sgabuzzino un termosifone elettrico, è andato nel campo a prendere l’acqua e ci ha offerto un tè, fuori il paesaggio era completamente cambiato, con le cime più innevate rispetto a quando siamo arrivati.

Il ragazzo ci ha salutato tornando nella sua casa, noi intanto ci siamo bevuti il tè accanto al termosifone, per fortuna funzionava di nuovo la connessione internet, che volevamo di più, eravamo sui monti del Caucaso, con la tipica atmosfera quasi invernale, veramente fuori dal mondo. Naturalmente niente doccia, non esisteva e poi chi l’avrebbe fatta con quel freddo, quindi a letto presto sotto le coperte, piumoni e termosifone acceso tutta la notte, così ci siamo ripresi. La mattina seguente ci siamo alzati molto presto,

dirigendoci sulla strada principale, dove abbiamo rimediato un passaggio da parte di un signore del posto che andava a Quba. Ha accompagnato noi e una famiglia del posto, moglie, marito e un bambino, che poverino aveva mal d’auto, viste le condizioni della strada piena di curve, ma anche la mamma non era da meno.

Lungo la strada c’erano molti massi caduti dai monti a causa del maltempo della sera precedente, ma erano già presenti gli operai a rimuoverli. Siamo andati prima a portare la famiglia all’ospedale di Quba e poi il signore ci ha portato alla stazione degli autobus a
Qusar, dove abbiamo atteso un bus per raggiungere Laza, altro villaggio di pastori sempre sperduto sulla catena caucasica. Abbiamo ingannato l’attesa mangiando un panino farcito con verdure, dopo due ore circa è partito il bus che accompagnava i dipendenti all’albergo della stazione sciistica che si trova sul Monte Shahdag, sulla catena del Grande Caucaso, vicino al confine con la Russia. Lungo il percorso abbiamo ammirato ghiacciai, profondi burroni, laghi e canyon, un’incredibile bellezza naturale. Arrivati all’albergo sono scesi i dipendenti, l’autista ci ha detto che la corsa finiva lì, ma con un piccolo contributo monetario in più, si è spinto fino a Laza.

In realtà la strada non era alquanto percorribile, l’autista aveva paura che gli si potesse rompere il mezzo ci voleva lasciare a circa 2 km. dal villaggio, ma insistendo e integrando di nuovo il contributo stabilito in precedenza, ha continuato il viaggio verso la nostra destinazione. Purtroppo a 500 m. dal villaggio si è arreso,

noi l’abbiamo capito poiché la strada era molto insidiosa, l’abbiamo pagato, ringraziato e ci siamo avviati a piedi con i nostri zaini, facendoci delle foto tra questi monti incantevoli.

Arrivati alla guest house, molto confortevole, i proprietari ci hanno offerto il tè con biscotti e ci hanno illustrato il villaggio,

che abbiamo iniziato a scoprire dopo circa mezz’ora dal nostro arrivo tra cascate,


prati verdi con pecore, mucche che pascolano e chiacchiere con gli abitanti del posto. La proprietaria della guest house ci ha preparato un pasto molto buono e naturalmente tutto fatto in casa:pizza ripiena con verdure, formaggio, pane caldo, patate, pomodori, peperoni, cetrioli e succo di pesca.

Dopo aver mangiato tutto, forse abbiamo esagerato, ma come ho già detto era tutto buonissimo, siamo usciti di nuovo fuori a fare foto e filmati soprattutto ai maestosi
Monti Shahdag e Qizilqaya, purtroppo le  
le loro vette erano coperte dalle nuvole.

Attraversato il ruscello che scorre in mezzo al villaggio, abbiamo raggiunto un punto panoramico, dove siamo stati molto tempo a goderci quest’incantevole luogo.


Tornati giù al villaggio,

ci siamo diretti verso la piccola moschea, sedendoci lungo il ruscello, tra gli animali al pascolo.

In serata siamo rientrati nella guest house, tè con biscotti, doccia bollente e poi a letto. La mattina seguente alle 5:30 siamo stati svegliati dalle pecore che belavano, le mucche che muggivano e il richiamo delle donne che le portavano al pascolo, ci siamo vestiti di corsa e siamo usciti anche noi, oltre a questo meraviglioso scenario, ci siamo trovati davanti le mastodontiche vette, visto che il cielo era tutto sereno.

Dopo una piacevole colazione, il proprietario della guest house, ci ha accompagnati alla stazione degli autobus per far rientro a Baku, da dove siamo partiti per Ismayilli, che abbiamo raggiunto dopo circa 3 ore di viaggio, attraversando un panorama arido e semidesertico. Arrivati in stazione, dovevamo proseguire il nostro viaggio verso Lahic, un altro villaggio di montagna, ma il bus sarebbe partito dopo 2 ore circa. Abbiamo fatto un giro intorno alla stazione, ci siamo fermati in un ristorante a mangiare, consumando uno spuntino a base di dolma e grano saraceno,

poi ci siamo accomodati ad un bar davanti la stazione degli autobus, dove erano presenti solo uomini, che giocavano a domino, sorseggiando il tè, beh, anche noi abbiamo deciso di fare la stessa cosa. Mentre eravamo intenti a giocare, mi sono ritrovata alle spalle gli uomini presenti,

volevano che vincessi io a tutti i costi, così c’era chi guardava le tessere di Giovanni e poi veniva da me a suggerire quale tessere mettere sul tavolo. Eravamo tutti molto divertiti, il bello era che nessuno di noi parlava la stessa lingua, ma con sorrisi e gesti, abbiamo trascorso le 2 ore d’attesa in ottima compagnia e per finire al momento del pagamento del tè, il proprietario ci ha detto che era offerto da lui, incredibile! 
Abbiamo ringraziato tutti e siamo andati a prendere il bus, per fortuna è partito in orario, come al solito eravamo gli unici turisti a bordo, il viaggio si è svolto dapprima percorrendo una strada asfaltata e poi arrampicandoci sulla classica strada diroccata di montagna,

dopo circa un’ora di viaggio eccoci in questo villaggio molto pittoresco.

Mentre eravamo alla ricerca della guest house, abbiamo chiesto informazioni ad una coppia, ma ci hanno detto che loro non erano del posto, però si sono offerti di aiutarci, chiamando al cellulare il proprietario, che ci è venuto a prendere ed insieme ci siamo diretti nella guest house che rimane un pochino distante dal centro. Dopo aver consumato il tè di benvenuto con il proprietario, siamo andati a visitare quest’affascinante villaggio,

tornando sulla via principale che ha un lastricato sconnesso fatto di pietre di fiume, un po’ scivoloso visto che aveva piovuto. Lungo la strada ci sono laboratori di artigianato locale,

lavorazione del rame,

tappeti e poi tanti negozi che vendono questi prodotti.

Mentre passeggiavamo abbiamo incontrato di nuovo la coppia che ci aveva aiutato a rintracciare il proprietario della guest house, ci hanno detto che loro vivono a Baku ed erano lì per rilassarsi dato che avevano affittato una casa per tre giorni. Per farla breve, abbiamo trascorso parecchio tempo in loro compagnia, facendo varie escursioni nel villaggio e dintorni,

ci hanno invitato nella loro casa a mangiare

e bere il tè fatto con il samovar.

Siamo stati molto bene con queste persone squisite e che continuiamo a sentire su whatsapp.

 La mattina del quarto giorno, ognuno di noi ha ripreso il proprio viaggio, loro sono rientrati a Baku, noi prima a Ismayilli in bus, poi in taxi fino alla stazione di Qabala e da qui un bus direzione Seki, raggiunta dopo circa due ore di viaggio. Questa città è circondata da verdi montagne, splendide foreste e antiche case con i tetti rossi. Arrivati nella guest house, abbiamo trovato i proprietari che ci hanno accolto offrendoci il solito tè di benvenuto con dolcetti vari,

ci hanno mostrato la nostra stanza, compreso l'uso della cucina, della quale abbiamo potuto usufruire tutti i giorni di permanenza. La mattina seguente in bus abbiamo raggiunto il villaggio di
Kis, a 5 km. da Seki, circondata da uno spettacolare panorama sulla vallata, con la presenza della Chiesa Albanese,

oggi trasformata in un museo, dove si possono apprendere molte nozioni relative alla misteriosa Albania caucasica, la nazione cristiana che in passato comprendeva buona parte dell’Azerbaigian settentrionale.

Dopo questa visita molto interessante siamo tornati a Seki, dove abbiamo visitato un antico Caravanserraglio, oggi trasformato in un lussuoso albergo.

Mentre eravamo qui, siamo stati avvicinati da un gruppo di studenti in gita, provenienti da Baku, che ci hanno fatto mille domande e naturalmente foto di rito insieme. 

Da qui siamo andati a visitare il principale sito turistico di Seki, il Palazzo di Xan Saryi,

risalente al 1762, l’unico rimasto dei 40 edifici presenti all’epoca all’interno della fortezza. 
Circondato da un giardino di rose dietro a due giganteschi platani piantati nel 1530, si può visitare l’interno accompagnati da una guida turistica, purtroppo non è consentito fotografare questo gioiellino,

le stanze sono decorate con dipinti murali che rappresentano motivi floreali e scene eroiche di battaglia, ma oltre agli affreschi, di particolare attenzione sono le Shebeke, mosaici di vetro colorati, riproducenti figure geometriche incastonate nel legno senza l'utilizzo di chiodi o colla.

Abbiamo approfittato per visitare anche il laboratorio di shebeke a conduzione familiare, che si trova vicino al palazzo, una tecnica di precisione e passione. Alla fine di queste escursioni molto piacevoli, ci siamo fatti una passeggiata lungo la via principale, dove si trovano tanti negozi di souvenir, ma il prodotto che primeggia è l’halvasi di Seki, dolce tipico azero, dalla ricetta segreta, che abbiamo mangiato in enorme quantità! 

Il giorno seguente dopo aver fatto colazione in un negozio di qutab,

abbiamo preso un bus fino a
Balakan,

l’ultima città al confine con la Georgia, dopo circa 3 ore di viaggio eccoci alla frontiera, timbro d’uscita sui passaporti, è finito il nostro viaggio in Azerbaigian. A poca distanza sventolava davanti ai nostri occhi la bandiera georgiana, un piccolo tratto a piedi per raggiungere gli uffici, timbro d’entrata sul passaporto e bus per Tiblisi, da dove siamo partiti in treno per l’
Armenia.

L’Azerbaigian è un paese molto bello, la gente del posto è ospitale, sempre pronti ad aiutare gli altri, un popolo indimenticabile, non l’ho sottolineato nel diario, ma io mi sono commossa spesso, i loro gesti nei nostri confronti saranno per sempre impressi nel mio cuore.





 

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